Caluso
Le tre espressioni di Erbaluce
di Angela Merolla
Furono i Romani a portare duemila anni fa il vitigno Erbaluce sulle colline torinesi che guardano la Valle d’Aosta. Le sue uve in maturazione prendono colori caldi dal rosa all’ambra e sembrano illuminarsi ogni giorno al sorgere del sole. Questa, molto probabilmente, è la ragione del suo nome che in origine era Alba Lux, ossia Luce dell’Aurora, poi trasformatosi in Erbaluce.
Una tappa piemontese a Caluso, diventa spunto per un racconto di territorio e di vino, di uomini e di vite vissute in simbiosi con le uve. Un percorso itinerante dalla vigna alla cantina, rende emozionale il momento dell’intima conoscenza con il vino e così è stato a Cantina Gnavi un viaggio multisensoriale condotto da Giorgio Gnavi e le sue tre differenti espressioni dell’Erbaluce: un bianco secco, fresco e sapido, un raffinato spumante ed un passito d’eccellenza.

Se le uve Erbaluce di Caluso di Cantina Gnavi potessero raccontare la loro storia cosa ci direbbero?
-Giorgio Gnavi: “Ci racconterebbero di una storia millenaria, un lungo viaggio iniziato dal bacino del Mediterraneo, attraverso tutta la penisola italica fino a trovare degna dimora nelle terre moreniche del Canavese, un “nido” di singolari colline moreniche, formatesi milioni di anni fa per azione del ghiacciaio Balteo che nel suo lungo cammino si è spinto dalle montagne della Valle d’Aosta fino all’attuale Pianura Padana. L’antico ghiacciaio, nel suo cammino, ha portato con sé frammenti di roccia silicea, ricca di minerali a reazione acida, strappati qua e là al Monte Bianco, al Monte Rosa o al Monviso, rimescolati in modo casuale e prezioso, per regalarci un territorio unico con caratteristiche pedologiche che non hanno uguali nel mondo.

Due braccia di morena che si chiudono proprio su Caluso, un luogo speciale con un microclima d’elezione per la coltivazione della vite. Qui ha messo radici l’Erbaluce e perfettamente si è adattata a questo contesto, singolare, ed a tratti estremo, per un vitigno di origini mediterranee.
A Caluso, la coltivazione dell’Erbaluce, ha tradizione millenaria: qui, nel comune che dà il nome alla denominazione, già DOC nel 1967, l’attenta ed amorosa mano dell’uomo ha messo a punto un sistema di allevamento ad hoc, la tòpia (in gergo locale), ovvero la Pergola canavesana, essenziale per lo sviluppo armonioso e prolifico del vitigno principe della viticoltura canavesana. L’erbaluce così coltivato e domato, dà copiosi frutti di qualità eccellente; questi selezionati con maestria e rigore vengono vinificati per dare vita alle tre declinazioni dell’Erbaluce di Caluso, tutte DOCG dal 2010: il fermo, lo spumante (metodo classico) e lo storico passito.”

Quale il tuo primo ricordo in vigna?
-Giorgio Gnavi: “Da bambino, 4-5 anni a vedere con quanto amore e cura mio nonno Giovanni ed i suoi figli, Guglielmo, mio padre e Carlo, mio zio, raccoglievano con rispetto gli ambrati grappoli, opulenti e maturi, per portali a casa in ceste, deposti con attenzione e amore, per poi farli appassire nei solai della nostra casa padronale.”
A quale vino sei più legato tra quelli prodotti in azienda? Perché?

-Giorgio Gnavi: ”Il mio cuore si divide tra due etichette: il Caluso Passito “Revej” per la sua storia, per la tradizione che custodisce e per fatica, dedizione e sapiente maestria canavesana essenziali per produrlo; l’Erbaluce di Caluso Spumante-Turbante, perché rappresenta l’evoluzione e l’innovazione della viticoltura calusiese-canavesana e della nostra cantina, frutto del coraggio di mio zio Carlo, della sua costanza e determinazione, e della mia sregolata pazzia innovativa, sempre in cerca di distinzione ed originalità.”
Credo che il buono delle cose sia il riflesso naturale del bello che è in alcune persone, mi riferisco ai vini unici e carezzevoli di questa cantina piemontese e a Giorgio Gnavi, che con la sua spassionata ospitalità, ha saputo emozionare quei momenti di degustazione e sano confronto, rendendo memorabile un giorno in cantina.


Caluso Cantina Gnavi
The three expressions of Erbaluce by Angela Merolla It was the Romans who brought the Erbaluce vine to the Turin hills overlooking the Aosta Valley two thousand years ago. Its ripening grapes take on warm colors from pink to amber and seem to light up every day at sunrise. This, most likely, is the reason for its name which was originally Alba Lux, or Light of Dawn, later transformed into Erbaluce.

A stop in Caluso in Piedmont becomes the starting point for a story of territory and wine, of men and lives lived in symbiosis with the grapes. An itinerant journey from the vineyard to the cellar makes the moment of intimate knowledge with wine emotional and so it was at Cantina Gnavi a multisensory journey led by Giorgio Gnavi and his three different expressions of Erbaluce: a dry, fresh and savory white, a refined sparkling wine and an excellent passito. If the Erbaluce di Caluso grapes from Cantina Gnavi could tell their story, what would they tell us? -Giorgio Gnavi: “They would tell us about a thousand-year-old story, a long journey that began in the Mediterranean basin, across the entire Italian peninsula until it found a worthy home in the morainic lands of Canavese, a “nest” of singular morainic hills, formed millions of years ago by the action of the Balteo glacier that in its long journey pushed from the mountains of the Aosta Valley to the current Po Valley.

The ancient glacier, in its journey, brought with it fragments of siliceous rock, rich in acid-reacting minerals, torn here and there from Mont Blanc, Monte Rosa or Monviso, mixed in a random and precious way, to give us a unique territory with soil characteristics that have no equal in the world. Two arms of moraine that close right on Caluso, a special place with a microclimate of choice for growing vines. Here Erbaluce has put down roots and has perfectly adapted to this context, singular, and at times extreme, for a vine of Mediterranean origins.

In Caluso, the cultivation of Erbaluce has a thousand-year-old tradition: here, in the municipality that gives its name to the denomination, already DOC in 1967, the careful and loving hand of man has developed an ad hoc cultivation system, the tòpia (in local jargon), or the Pergola Canavesana, essential for the harmonious and prolific development of the main vine of Canavese viticulture. The Erbaluce thus cultivated and tamed, gives abundant fruits of excellent quality; these selected with mastery and rigor are vinified to give life to the three declinations of Erbaluce di Caluso, all DOCG since 2010: the still, the sparkling (classic method) and the historic passito.

” What is your first memory in the vineyard? -Giorgio Gnavi: “As a child, 4-5 years old, seeing with how much love and care my grandfather Giovanni and his sons, Guglielmo, my father and Carlo, my uncle, respectfully collected the amber bunches of grapes, opulent and ripe, to take them home in baskets, placed with care and love, to then let them dry in the attics of our manor house.

” Which wine are you most attached to among those produced in the company? Why? -Giorgio Gnavi: “My heart is divided between two labels: the Caluso Passito “Revej” for its history, for the tradition it preserves and for the effort, dedication and wise Canavese mastery essential to produce it; Erbaluce di Caluso Spumante-Turbante, because it represents the evolution and innovation of Caluso-Canavese viticulture and of our winery, the result of the courage of my uncle Carlo, of his perseverance and determination, and of my unbridled innovative madness, always in search of distinction and originality.

” I believe that the good in things is the natural reflection of the beauty that is in some people, I am referring to the unique and caressing wines of this Piedmontese winery and to Giorgio Gnavi, who with his dispassionate hospitality, was able to excite those moments of tasting and healthy comparison, making a day in the winery memorable.
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