Agust 3 falsi miti sfatati su un buon caffè al ristorante


È davvero così difficile servire un buon caffè in un fine dining? Servono davvero 10 estrazioni prima di ottenere un buon risultato in tazzina? È Giovanni Corsini di Agust che, con l’obiettivo di fare cultura, interviene sui diversi falsi miti del caffè,spiegando come ad oggi sia possibile servire un espresso di alto livello anche nei ristoranti di alto profilo.


Per chi frequenta il mondo dell’alta ristorazione in Italia, una domanda è nota per essere rimasta quasi irrisolta negli anni: è possibile bere una buona tazza di caffè alla tavola di un ristorante fine dining? È infatti luogo comune pensare che un espresso a fine pasto in ristoranti di alto profilo non sia di eguale “qualità” se paragonato al livello della cucina che lo precede.


Una diceria che trova spesso conferma nella realtà dei fatti, nel servizio, nella proposta di tanti locali, che trascurano un momento fondamentale come quello del caffè, l’ultimo step, il saluto prima che il commensale lasci il locale. Rimediare a questa mancanza diventa fondamentale, e per farlo è necessario sfatare quei falsi miti che alimentano la convinzione: “non si beve un buon caffè alla tavola
di un fine dining”.
Mito: Il caffè aperto perde rapidamente qualità Non un falso mito, ma una certezza: aprire una busta di caffè porta inevitabilmente a una costante perdita di qualità della materia prima.

Questo avviene per diversi fattori:

  • il contatto con l’ossigeno, uno dei peggiori nemici per il mantenimento della qualità del caffè;
  • l’assorbimento dell’umidità: questa altera la macinatura e rende l’estrazione meno uniforme
  • l’esposizione alla luce e al calore, entrambi fattori che accelerano l’ossidazione
    Il miglior rimedio a queste problematiche? Scegliere un packaging che contenga minor quantità di caffè. “Un packaging diverso può cambiare la sorte del caffè al ristorante. Preferire ad esempio confezioni da 250 grammi invece che da 1 kg salvaguardia la conservazione della materia prima. Se si prediligono confezioni ridotte, il ristoratore può avere costanza nel garantire ai suoi clienti un
    prodotto prima di tutto fresco”, spiega Giovanni Corsini, titolare di Agust,torrefazione artigianale bresciana alla terza generazione, che da anni sposa la ission di portare caffè di altissima qualità al B2B.
    Mito: I primi 10 caffè della giornata sono imbevibili Un pensiero ben radicato nella “cultura generale” del consumatore medio, ma che ad oggi non ha più motivo di esistere. “In passato – spiega Giovanni Corsini – questo problema era legato a una cattiva gestione dell’estrazione del caffè:
    scarsa pulizia della strumentazione e materiali non adatti per le attrezzature”.
    A oggi le differenze rispetto a ieri non mancano. In primis riguardo il materiale:
    “Portafiltri in acciaio invece che in ottone semplificano le procedure di pulizia, rendendo già buono il primo espresso. L’ottone infatti è un materiale più complesso da mantenere pulito e richiede quindi molto più tempo da parte del ristoratore, con la conseguenza di avere un problema in più da gestire. Un portafiltro in acciaio invece semplifica tutto, dà subito un caffè di eccellenza enza dosi sprecate”, spiega Corsini.
    Alla scelta del materiale si aggiunge poi il supporto della tecnologia. Un esempio u tutti, il macina caffè: “Macina caffè con montata al loro interno una bilancia garantiscono la dose erogata, espresso dopo espresso, facilitando la costanza di macinazione”, conclude sul tema il titolare di Agust.
    Mito: Senza personale altamente specializzato non si può offrire un caffè di qualità
    Più che un falso mito, questo principio mette in luce una carenza diffusa nei ristoranti di livello, che come detto non danno sempre la giusta importanza al caffè di fine pasto.
    “Non è sufficiente avvalersi di una buona qualità di caffè o di una strumentazione all’avanguardia, se chi prepara il caffè non è adeguatamente formato. La mano dell’uomo, l’ultimo step della “catena”, è fondamentale per non vanificare il grande lavoro fatto a cominciare dalla produzione”, dichiara
    Giovanni Corsini.
    Oggi formarsi è più facile rispetto al passato: sono tante le realtà che contribuiscono a fornire le giuste linee guida allo staff di un ristorante di livello per la preparazione di un buon espresso. Agust in questo è capofila: “Noi in torrefazione – aggiunge Corsini – offriamo diversi corsi nella nostra Academy per assicurarci che il nostro caffè venga preparato nel migliore dei modi; siamo sempre a fianco del cliente per garantire la massima qualità del risultato finale”.
    Non bisogna infatti mai dimenticare che un ristoratore è spesso, allo stesso tempo, imprenditore. Difficile immaginare, in questo senso, nel panorama ristorativo odierno, un membro dello staff unicamente dedito alla preparazione e al servizio del caffè. “Le persone che si occupano della preparazione del caffè – aggiunge Massimiliano Mascia, del ristorante San Domenico di Imola e membro dell’associazione JRE Italia – possono essere diverse. Ecco perché la formazione
    diventa fondamentale”.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *